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Quali sono i contenuti che gli ascoltatori ricordano di più? L’effetto primacy e l’effetto recency

Quali sono i contenuti che gli ascoltatori ricordano di più? L’effetto primacy e l’effetto recency

A tutti noi è capitato di seguire una lezione a scuola, un programma televisivo o radiofonico, o ancora un intervento in un convegno, e di provare dopo solo pochi minuti la sgradevole sensazione di ricordare solo una parte di quanto abbiamo ascoltato nel corso degli istanti precedenti.

Questo fenomeno non è soltanto dovuto alla nostra pigrizia di ascoltatori o allo scarso interesse di quanto ci viene trasmesso: si tratta infatti di una situazione che ha una spiegazione scientifica. Tipicamente, quando ci viene presentata una serie di elementi, la normale tendenza è quella di ricordare più facilmente i primi e gli ultimi, mentre facciamo più fatica a tenere a mente quelli che ci sono stati esposti nella parte centrale del discorso che abbiamo appena ascoltato. Questi fenomeni cognitivi sono detti, rispettivamente, “effetto primacy” ed “effetto recency”.

L’effetto primacy: l’esperimento di Asch

Nel 1946 lo psicologo di origine polacca Solomon Asch mise in pratica un famoso esperimento in cui presentava ai protagonisti dello studio la seguente lista di aggettivi: intelligente, intraprendente, impulsivo, critico, ostinato, invidioso. Questo elenco veniva letto alternativamente in quest’ordine oppure in quello opposto, e ai protagonisti dell’esperimento veniva successivamente chiesto di dare una valutazione di un immaginario individuo che rispondesse alle caratteristiche che avevano appena ascoltato.

Le risposte evidenziarono che, quando i primi aggettivi ad essere letti erano quelli più positivi, la persona veniva valutata in maniera migliore rispetto a quando l’ordine di presentazione era quello inverso. Su questa base, Asch concluse che gli elementi presentati per primi risultavano essere più influenti degli altri nel determinare il giudizio complessivo.

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L’effetto recency e i processi di apprendimento e ritenzione

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, l’effetto primacy trova spiegazione nella nostra limitata capacità di trasferire informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine: quando siamo bombardati di informazioni una di seguito all’altra, riusciamo cioè a immagazzinare in maniera duratura solo la prima parte di esse. Sul versante opposto dell’effetto primacy, si colloca invece l’effetto recency, ossia la tendenza a ricordare solo la parte finale di un discorso o di un elenco di elementi che ci vengono sottoposti.

A livello psicologico, l’effetto recency si spiega con il permanere nella memoria a breve termine solo delle informazioni acquisite più recentemente. Ci ricordiamo quindi più facilmente le prime informazioni perché entrano a far parte della memoria a lungo termine, e le ultime perché restano nella memoria a breve termine. Su questa base, possiamo dire che dal punto di vista dell’apprendimento è la prima parte delle informazioni che acquisiamo a essere più rilevante, mentre sotto l’aspetto della ritenzione sono più significative le ultime nozioni che ascoltiamo.

Quale fenomeno è maggiormente influente?

Stabilito che le parti iniziali e finali di un discorso sono quelle che l’uditore ricorda più facilmente, possiamo fare un passo ulteriore e indagare se sono più importanti i primi elementi che immagazziniamo nella memoria o gli ultimi. Poiché infatti è proprio sulla base delle prime e delle ultime informazioni acquisite che formuliamo i nostri giudizi e compiamo le nostre scelte, stabilire se l’effetto recency prevale sull’effetto primacy o viceversa è una questione affatto secondaria.

Secondo uno studio condotto nel 1959 da Normann Miller e Donald Campbell, la risposta non è però univoca. La maggiore influenza dell’uno o dell’altro effetto dipende infatti da due fattori: il tempo trascorso tra la prima e l’ultima parte della comunicazione che ci viene proposta e quello che intercorre fra l’ultima parte e il momento in cui l’ascoltatore dovrà prendere una decisione a riguardo. L’esperimento di Miller e Campbell consisteva nel presentare ai partecipanti la trascrizione di un processo giudiziario: le argomentazioni dell’accusa e della difesa furono presentate separatamente, e i due scienziati variarono l’intervallo di tempo fra la lettura delle due argomentazioni e quello fra la seconda e il momento in cui veniva chiesto ai soggetti di formulare un verdetto.

I risultati dell’esperimento dimostrarono che l’effetto primacy era dominante quando l’intervallo di tempo fra le due arringhe era ridotto mentre quello fra le seconda e il verdetto era più lungo; viceversa, l’effetto recency prevaleva quando vi era un lungo intervallo fra le due argomentazioni e uno spazio di tempo breve a separare la seconda dissertazione dal verdetto.

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L’effetto primacy e l’effetto recency nella comunicazione

Non è difficile intuire – anche solo considerando il tema al centro dell’esperimento di Miller e Campbell – quanto i due fenomeni di cui ci stiamo occupando siano influenti nella vita quotidiana. In modo particolare, si tratta di due fattori decisivi nell’atto di formulare delle strategie di comunicazione e nella gestione dei rapporti con i media. Supponiamo, riprendendo in parte un esempio che viene proposto da Elliott Aronson nel suo famoso libro L’animale sociale, di dover gestire la campagna elettorale di uno dei candidati alla presidenza degli Stati Uniti.

Un’importante emittente televisiva o radiofonica propone al nostro candidato e al suo principale avversario uno spazio di tempo per convincere gli elettori a dare la preferenza all’uno piuttosto che all’altro. Sarà più conveniente parlare per primi o per ultimi?

Sulla base delle evidenze riscontrate da Miller e Campbell, possiamo sostenere che se i due discorsi andranno in onda l’uno di seguito all’altro e alcuni giorni prima dell’appuntamento elettorale dovremo fare in modo di parlare per primi; se invece i discorsi verranno trasmessi a ridosso delle elezioni e fra i due ci sarà un intervallo di tempo, la strategia migliore sarà quella di parlare per ultimi.

In questo caso, infatti, sarà l’effetto recency ad avere la meglio sull’effetto primacy, poiché la distanza di tempo fra i due discorsi renderà praticamente nulla l’interferenza negativa che il primo effettua sul secondo, mentre l’imminenza del momento in cui l’elettore dovrà prendere una decisione farà in modo che la ritenzione giochi a favore di chi ha parlato per ultimo.

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