Il Public Speaking: parlare in pubblico

1. Come parlare in pubblico: consigli

Non esiste un unico modo per parlare in pubblico. Questo perché ciascuno di noi è diverso. E perché  le persone che ci ascoltano quando facciamo un discorso, volta per volta, sono diverse.

Di per sé, questo dovrebbe bastare per farci dire che non esiste una guida definitiva al Public Speaking. Né esistono delle regole certe e magiche per persuadere gli altri quando comunichiamo.

Tuttavia, esistono dei modi per migliorare la nostra efficacia comunicativa. Per esempio cercando di mantenere alta l’attenzione del pubblico il più possibile, e fare in modo che le persone non si distraggano. Come fare?

 

 

Che cos’è il Public Speaking? Cosa si intende per Public Speaking?

Direi che questa è la domanda principale a cui è necessario rispondere. Il Public Speaking è l’arte di parlare in pubblico. Solitamente consideriamo tale questa esperienza quando il nostro pubblico è costituito da 2 o più persone.

Il Public Speaking è una branca della comunicazione. Si tratta di un costrutto psicologico che si fonda sulla radice della parola “communis” + “agere“, che significa propriamente “mettere in comune“.

Possiamo far risalire le origini del Public Speaking nell’antica Grecia, civiltà in cui l’arte di parlare in pubblico si è particolarmente sviluppata. Questo, anche per la natura democratica delle istituzioni, che prevedeva l’uso del discorso per convincere i votanti della bontà delle proprie argomentazioni.

La stessa parola greca “agorà“, che comunemente traduciamo con “piazza” o “mercato”, deriva dal verbo agorèuo, che ha tra i suoi significati principali quello di “parlare in pubblico“.

 

 

L’orientamento al pubblico

A questi elementi, si aggiunge quello probabilmente più importante: l’orientamento al pubblico.

Solo orientandoci al pubblico attraverso le nostre parole, coniugando i verbi alla prima e alla seconda persona plurale (“noi” e “voi”) potremo riuscire a far sentire coinvolto il pubblico. Questo perché potremo creare delle vere e proprie immagini mentali. Esse permetteranno alle persone che ci ascoltano di immaginarci come una vera e propria community.

Se vuoi saperne di più sui miei corsi di Public Speaking in presenza, qui puoi trovare più informazioni: https://www.parlarealmicrofono.it/corso-public-speaking-milano-roma-napoli/

Se vuoi saperne di più sui miei corsi online di Public Speaking, che si svolgono da remoto su Zoom, qui trovi tutte le info: https://www.parlarealmicrofono.it/corso-on-line-public-speaking-parlare-in-pubblico/

 

 

Linguaggio verbale, paraverbale, non verbale

Introduciamo adesso un concetto chiave, di cui parlo da anni sul mio canale YouTube, nel mio podcast e all’interno dei miei corsi di Public Speaking: l’immagine coordinata della comunicazione.

Quando parliamo in pubblico il nostro linguaggio verbale (le parole che usiamo, per argomentare e per gestire le obiezioni), il linguaggio paraverbale (l’uso della voce, il ritmo, il tono, il volume, ecc.), e il linguaggio non verbale (la gestualità, l’uso dello sguardo, la prossemica – le distanze), devono essere per quanto possibile coordinate. E per coordinate intendo che devono essere orientate alla massima chiarezza possibile, e tenere in considerazione il pubblico.

Nello specifico, sarà importante utilizzare, in base al contesto, un linguaggio chiaro e semplice, con poche metafore, affinché possa essere capito subito, e da tutti. È fondamentale, in questo senso, imparare a creare immagini con le parole, cioè utilizzare un linguaggio concreto anziché astratto.

Questo sarà utile per permettere al nostro pubblico di “vedere” le cose che stiamo dicendo, anche senza l’ausilio di strumenti multimediali.

Nel 2013, quasi dieci anni fa, ho scritto un libro su questo argomento, intitolato “Crea immagini con le parole”: qui trovi la sinossi del libro e maggiori informazioni se vuoi saperne di più:

https://www.parlarealmicrofono.it/crea-immagini-con-le-parole/

Un altro aspetto importante per favorire l’immagine coordinata della comunicazione è l’uso di una dizione e di un’articolazione che ci permettano di avvicinarci per quanto possibile alle regole dell’italiano standard. Una buona comunicazione paraverbale può permetterci infatti di scandire bene le parole, in modo da farci capire bene da tutti.

Se vuoi saperne di più sui miei corsi di dizione in presenza, qui trovi tutte le informazioni:

https://www.parlarealmicrofono.it/lezioni-individuali-corso-dizione-milano/

Se vuoi saperne di più sui miei corsi di dizione online, qui trovi tutte le informazioni:

https://www.parlarealmicrofono.it/corsi-on-line-dizione-speakeraggio/

 

Slide efficaci, gestualità e uso dello sguardo

Ancora: curare l’immagine coordinata della nostra comunicazione è molto importante. Significa saper realizzare slide con poco testo all’interno. Il tutto, seguendo regole di Presentation Design precise, con l’utilizzo di font che favoriscano la lettura da parte del pubblico.

Per ultimo, ma non meno significativo, l’aspetto della gestualità. È importante che i nostri gesti rimarchino e rafforzino i contenuti del nostro discorso. Questi potranno indicare in maniera chiara i referenti delle nostre parole. I gesti si dividono in deittici (gesti che “mostrano”) e gesti batonici (rimarcano la sillaba tonica delle parole).

Alla stessa maniera è importante l’uso efficace dello sguardo nei confronti del pubblico. Dobbiamo cercare di guardare il più possibile diverse aree dello spazio. Il tutto, in modo da far sentire guardati i nostri ascoltatori. Allo stesso tempo, è importante mantenere lo sguardo sulle varie aree dello spazio su cui lo proiettiamo.

E dovremmo essere capaci di farlo per almeno qualche secondo. Allo scopo di far sentir guardate le persone per davvero, non in modo sfuggente.

Se vuoi saperne di più sui miei corsi di Presentation Design sul tema “come preparare le slide di una presentazione”, qui trovi tutte le informazioni:

https://www.parlarealmicrofono.it/corso-presentation-design-milano-come-preparare-slide-presentazione/

 

 

2. Tecniche per parlare in pubblico

Prima di descriverti alcune tecniche per parlare in pubblico, è importante chiarire che cosa significa “tecnica”. E perché alcune persone riescono a parlare in pubblico in modo efficace usando tecniche che in realtà non hanno mai studiato (spesso per caratteristiche di estroversione innate). Altre preferiscono invece fare un corso di Public Speaking per approfondire e fare più esercizio e pratica.

La parola “tecnica” deriva dal greco antico tèchne, che significa “arte”. Usare una tecnica significa padroneggiare un’arte in uno specifico settore. È per questo che, come ti dicevo poche righe fa, alcune persone sono in grado di utilizzare tecniche di Public Speaking efficaci anche senza rendersene conto.

 

 

Ice-breaker e call to action

Per esempio, usare un ice-breaker efficace (un aneddoto o una citazione per “rompere il ghiaccio” nell’apertura di una presentazione) talvolta viene fatto inconsapevolmente. Per altre persone è invece necessario preparare questo momento con grande accuratezza e attenzione. Tuttavia, come potrai facilmente notare, si tratta di una vera e propria tecnica.

Così come, quando dobbiamo finire un discorso e preparare una conclusione efficace mediante una call to action (un invito all’azione, una chiamata all’azione), questo può essere scontato e automatico per alcuni. Mentre può necessitare di un corso e di lezioni di Public Speaking per altri.

Se quindi esistono aspetti che “intuitivamente” una persona con tratti personologici più estroversi può già mettere in pratica senza un corso, esistono aspetti di linguistica e di psicologia che invece può essere necessario approfondire per mantenere alta l’attenzione del pubblico che ci ascolta.

 

 

Uso delle figure retoriche e scaletta del discorso

L’uso efficace delle figure retoriche per esempio (metafore, anafore, antifrasi, litoti), l’uso delle negazioni adeguato, dell’ironia e altre modalità “analogiche” di comunicare, così come la struttura argomentativa del discorso, prevedono uno studio attento e accurato. Spesso la sola improvvisazione potrebbe non bastare per ottenere risultati efficaci e apprezzabili.

È in questo senso che può tornare utile approfondire tecniche di Public Speaking avanzate. Queste potrebbero permetterci di avere una maggiore consapevolezza delle risorse offerte dal linguaggio. E darci quindi l’opportunità di preparare una scaletta del discorso.

Se vuoi approfondire questi temi, e scoprire come comunicano i politici e i Vip, e quali tecniche per parlare in pubblico utilizzano, ne parlo settimanalmente sul mio blog:

https://www.parlarealmicrofono.it/blog

Mi sono inoltre occupato di metafore e dei rischi delle figure retoriche in comunicazione nel mio libro del 2022, Contro le metafore.

 



Tecniche retoriche e come scrivere un discorso

Premessa: le tecniche per scrivere un discorso sono innumerevoli. Vanno scelte con sapienza e intelligenza, sulla base dei contesti. E sulla base della disponibilità di attenzione del pubblico (che possiamo solo ipotizzare). Ricordandoci sempre che non esiste un discorso di successo, se non c’è un pubblico che ce lo permette.

Due tra le più famose tecniche per scrivere un discorso sono la tecnica PREP e il modello di Monroe per un discorso efficace.

1. La tecnica PREP è un metodo spesso utilizzato per il Public Speaking. L’acronimo sta per “Point, Reason, Example, Point“, e rappresenta una struttura sequenziale per presentare e supportare un argomento. Il metodo PREP aiuta a organizzare il discorso in modo coerente e logico. Fornendo al contempo un percorso chiaro per l’argomentazione.

Iniziamo con “Point“, che è la tesi o l’affermazione, lo statement, che stai cercando di fare. Quindi l’oratore procede con “Reason“, che è la spiegazione del perché il tuo punto è valido o importante. Poi arriva il momento “Example“, dove l’oratore fornisce un caso concreto o un aneddoto per illustrare meglio il suo punto di vista. Infine, termina con un altro “Point“, che è essenzalmente una riaffermazione dello statement, della dichirazione iniziale. Serve a riportare l’attenzione sulla tesi originale. Insieme, questi quattro passaggi consentono di presentare un argomento in modo chiaro, conciso e convincente.

2. Il Modello di Monroe, noto anche come sequenza motivazionale di Monroe, è una tecnica di persuasione per il Public Speaking sviluppata dal professore di psicologia Alan Houston Monroe negli anni ’30 del novecento. Questo metodo, ampiamente adottato, si basa su cinque passaggi fondamentali. I ciqnue passaggi sono: attenzione, bisogno, soddisfazione, visualizzazione e azione. L’idea è di guidare gli ascoltatori attraverso un processo emotivo e razionale per convincerli a intraprendere una azione.

Il primo passo, l’attenzione, prevede la cattura dell’interesse del pubblico attraverso aneddoti, statistiche, domande o storie.

Il passo successivo, il bisogno, implica dimostrare al pubblico un problema o una carenza correlata che necessita di risoluzione.

Il terzo passo, la soddisfazione, offre una soluzione al problema evidenziato.

Segue la visualizzazione, dove si mostra al pubblico attraverso esempi e parole concrete come la soluzione proposta migliorerebbe la situazione o risolverebbe il problema.

Infine, l’azione incoraggia il pubblico a compiere un’azione specifica in risposta all’argomento presentato. Si tratta di quella che oggi definiremmo una call to action. Questa sequenza è progettata per motivare e persuadere, ed è particolarmente efficace nei discorsi di vendita. O in situazioni in cui l’oratore desidera convincere il pubblico della bontà delle proprie argomentazioni.

Tecniche di visualizzazione e framing

Tra tutte le fasi elencate, è importante evidenziare una volta di più quella della visualizzazione. Ancora una volta ritorna infatti il tema delle immagini mentali, particolarmente utilizzato in comunicazione politica. Esse si riferiscono all’utilizzo di immagini, grafici, animazioni e altri mezzi visivi per rappresentare e comunicare complessi concetti o dati in modo semplice e immediato. In un’era in cui l’informazione è abbondante e gli elettori sono bombardati da messaggi provenienti da molteplici fonti, la capacità di presentare informazioni in modo chiaro e accattivante può fare la differenza nel determinare la percezione del pubblico su una questione o un candidato.

Il potenziale delle visualizzazioni sta nella loro capacità di creare talvolta anche connessioni emotive, oltre che intellettuali. La sfida per i comunicatori politici è utilizzare queste visualizzazioni in modo etico e accurato, garantendo che le informazioni presentate siano sia visivamente coinvolgenti sia basate su fatti concreti anziché su concetti astratti difficili da decodificare.

Il concetto di visualizzazione è strettamente connessa con quella di framing. Il framing riguarda la costruzione e la presentazione di un messaggio politico attraverso una particolare lente o prospettiva, enfatizzando alcuni aspetti e tralasciandone o minimizzandone altri. Ad esempio, una riforma economica potrebbe essere presentata come essenziale per la crescita e lo sviluppo, o, in alternativa, come una minaccia per i servizi sociali e la stabilità. Entrambe le rappresentazioni possono essere valide, ma mettono in luce diversi aspetti della stessa questione.

Il framing è particolarmente potente quando combinato con parole concrete. Questa combinazione di visuale e narrativa può influenzare profondamente le opinioni e le reazioni del pubblico. Tuttavia, come per le visualizzazioni, l’uso etico del framing è essenziale. Manipolare l’opinione pubblica attraverso “frame” ingannevoli può portare a diffidenza e cinismo nei confronti della comunicazione politica e dei suoi protagonisti.

Assertività, leadership e gestione delle obiezioni

Uno degli aspetti fondamentali per parlare in pubblico in modo efficace è riuscire a essere assertivi. Anche se “essere”, diciamo la verità, non è propriamente il verbo corretto. Un altro aspetto importante è avere delle buone doti di leadership, di guida dei team sul nostro posto di lavoro.

L’assertività è un costrutto psicologico che consiste nella capacità di esternare efficacemente i propri punti di vista. E all’occorrenza, eventualmente, le proprie emozioni Il tutto, rispettando allo stesso tempo l’interlocutore e i suoi punti di vista. Come potrai capire si tratta di un aspetto importante anche nel Public Speaking. Si può perseguire utilizzando determinate tecniche comunicative, spesso correlate a un uso efficace del linguaggio.

La capacità di utilizzare la prima persona singolare e plurale all’interno dei nostri discorsi, la formulazione di domande e la capacità di esprimere i nostri bisogni, e più generale la capacità di “stare” nelle situazioni, relazionandoci meglio con i nostri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche, sono alla base della comunicazione assertiva.

Strettamente correlata al concetto di assertività c’è poi la leadership, la capacità di guidare efficacemente un gruppo. Inoltre è molto importante la capacità di gestire le obiezioni all’interno di un discorso.

 

 

Segreti per parlare in pubblico: esistono davvero?

Se sei arrivato fino qui con la lettura di questa pagina, avrai probabilmente capito il mio approccio. Ovvero che non esistono segreti del Public Speaking per parlare in pubblico. Questo perché qualsiasi segreto è destinato a scontrarsi con la realtà che ciascuno di noi è diverso. Così come ciascuno tra il pubblico è diverso, e potrà decodificare a suo modo quello che diciamo, e come lo diciamo.

Cosa ci resta allora per comunicare in modo efficace? Semplice: la chiarezza espositiva del nostro messaggio. L’unica strategia in nostro possesso (anche se non è corretto usare la parola strategia, poiché rimanda a un linguaggio di scontro, di conflitto nei confronti del pubblico), è effettivamente quella di comunicare in modo chiaro, diretto e semplice a chi ci ascolta. E un corso di Public Speaking può essere utile per potenziare queste abilità.

 

3. Paura, timidezza e ansia di parlare in pubblico

In molti mi chiedono come superare la paura di parlare in pubblico. Anche in questo caso, è importante definire la questione in maniera più precisa. Innanzitutto: che cos’è la paura di parlare in pubblico, e perché abbiamo paura di parlare in pubblico?

Cominciamo innanzitutto col dire che la paura è un’emozione. E che è estremamente naturale che ci sia, anche quando parliamo in pubblico, anche per chi ha molta esperienza. Se consideriamo inoltre che fare un discorso in pubblico per molte persone è un’esperienza rara, è quasi inevitabile provare paura. Ma perché ci fa così paura la parola paura?

Semplice: perché non siamo più abituati a relazionarci con le emozioni spiacevoli, e cerchiamo di scacciarle. Spesso, senza successo.

La stessa cosa spesso ci accade quando pensiamo alla timidezza. Talvolta ci capita di considerare la timidezza come una nostra caratteristica fissa e immutabile. Invece si tratta, anche in questo caso, di un’emozione, che può essere strettamente legata a contesti specifici. E che può variare quindi in base alla situazione, così come accade, più generale quando parliamo di emozioni. Possiamo infatti sentirci più timidi in determinati contesti e momenti, meno timidi in altri.

Chiederci quindi “perché sono timido?” è un esempio di domanda basata sul cosiddetto linguaggio statico, che rischia di confermare a noi stessi una definizione non affatto certa. Una definizione che ci inserisce in una definizione che spesso non è in grado di descrivere con completezza il modo in cui ci relazioniamo con le situazioni di tutti i giorni. Ne ho parlato nel corso degli anni nel mio libro Parlare in pubblico con la mindfulness e in questo post, intitolato Come il linguaggio condiziona la nostra realtà.

Ricordiamoci che spesso confondiamo la paura di parlare in pubblico con la paura del contesto in cui ci troviamo. Come ho approfondito all’interno di questo video:

 

 

 

È possibile parlare in pubblico senza paura in modo intenzionale? È possibile superare la paura di parlare in pubblico?

È possibile imparare a relazionarci meglio con le nostre emozioni. Mentre non è possibile scacciare intenzionalmente le nostre emozioni, compresa la paura.

Questo perché le emozioni, per loro intima essenza, emergono in maniera non mediata. Emozione deriva infatti dal verbo latino “e-movère”che significa appunto “muovere da”. In particolare, la teoria psicologica dei tre cervelli di Paul MacLean ci insegna che il cosiddetto “cervello mammifero” (quello che coinvolge le aree limbiche, tra cui amigdala, talamo, ipotalamo e ippocampo) ci fa provare emozioni che emergono senza un preventivo controllo razionale.

L’idea di parlare in pubblico senza paura in modo intenzionale, così come l’idea di vincere la paura di parlare in pubblico, risultano quindi utopistiche. Questo perché non è possibile impedire razionalmente che le emozioni emergano. Il problema non è la paura di parlare in pubblico in sé, il problema è cosa ne facciamo della paura di parlare in pubblico. È capire come ci relazioniamo con quello che proviamo, e quanto crediamo ai nostri pensieri mentre conduciamo una presentazione.

È infatti possibile parlare in pubblico provando legittimamente paura (anziché sconfiggere la paura di parlare in pubblico). Ed è possibile allo stesso tempo accogliere questa emozione con gentilezza. Possiamo imparare ad accettare che la paura ci sia e che conviva con noi. Possiamo imparare a relazionarci meglio con essa: è qui che entra in gioco un concetto che considero fondamentale nel Public Speaking: la mindfulness.

Allo stesso tempo, un’altra modalità per provare a relazionarsi meglio con la paura, l’ansia e lo stress che proviamo quando dobbiamo parlare in pubblico, è quella del training autogeno, una tecnica di rilassamento di cui parlo in questa pagina, e le visualizzazioni guidate per il Public Speaking, di cui parlo qui.

Il problema dell’overthinking nel Public Speaking

L’overthinking, ovvero il pensiero eccessivo, è un problema comune per chi si avvicina all’arte di parlare in pubblico. Si manifesta attraverso una serie di preoccupazioni frequenti. Tra questi: analisi dettagliate di ogni possibile scenario o l’incapacità di staccare la mente da particolari spesso irrilevanti.

Chi soffre gli effetti dell’overthinking tende a rimuginare su ogni parola o gesto, temendo giudizi negativi. Oppure ancora la possibilità di commettere errori e che il discorso che dovremo fare non corrisponda a quanto ci eravamo prefissati di dire. Questa condizione può portare ad un aumento dello stress, dell’ansia e della tensione prima di parlare in pubblico. Compromettendo talvolta per paradosso proprio la performance dell’oratore.

Questo eccesso di pensiero, anziché preparare meglio il relatore, può infatti aumentare i livelli di stress e di attivazione neurofisiologica. E ridurre la sua capacità di connettersi autenticamente con il pubblico. L’essenza del Public Speaking non è infatti solo trasmettere informazioni. Ma anche stabilire una connessione relazionale con gli ascoltatori.

Quando un oratore è troppo concentrato sulle sue preoccupazioni interne, potrebbe perdere la capacità di decentrarsi cognitivamente nei confronti della sala. Così come la capacità di adattarsi in tempo reale alle reazioni del pubblico e di presentare il proprio messaggio in modo efficace e coinvolgente.

Per superare l’overthinking, può essere molto utile imparare ad accettare che l’imperfezione fa parte dell’esperienza umana. E focalizzarsi sul valore della propria azione comunicativa, piuttosto che su ogni piccola imperfezione nella consegna.

Per promuovere questi atteggiamenti, può essere molto utile la pratica della mindfulness. Ovvero – sintetizzando molto – la capacità di diventare più consapevoli di ciò che accade nel momento in cui accade. Si tratta di una pratica molto utile all’interno di un corso di Public Speaking, di cui parleremo nel prossimo paragrafo.

 

 

Parlare in pubblico con la mindfulness

Mindfulness è una parola inglese che possiamo tradurre con consapevolezza. A partire dagli anni Settanta, nel corso dei decenni, ha assunto sempre più importanza in ambito medico e psicologico. Attraverso una serie di esercizi (pratiche di mindfulness) è stato dimostrato in maniera scientifica che è possibile migliorare il modo con cui ci relazioniamo con i nostri pensieri, emozioni e sensazioni fisiche.

Si tratta di esercizi di meditazione che possono permetterci di migliorare la consapevolezza del respiro, delle sensazioni corporee e dei pensieri. Il tutto, allo scopo di migliorare la nostra esperienza nella vita di tutti i giorni e nelle situazioni di stress.

Anziché scacciare le emozioni (in questo caso la paura di parlare in pubblico) la mindfulness ci può aiutare ad abbracciarle. Attraverso la mindfulness capiamo che è importante osservarle, notare come sono fatte, e imparare a stare con loro. Per poi lasciarle andare.

In qualità di dottore in tecniche psicologiche iscritto all’Ordine degli Psicologi, nel 2019 ho pubblicato un libro intitolato proprio “Parlare in pubblico con la mindfulness”. Il sottotitolo di questo libro è: “Gestire meglio lo stress da palco con la meditazione e le risorse del linguaggio“. Il libro contiene anche esercizi audio all’interno, per cercare di applicare la consapevolezza mindful ai temi del Public Speaking.

Qui trovi tutte le informazioni sul mio libro Parlare in pubblico con la mindfulness:

https://www.parlarealmicrofono.it/parlare-in-pubblico-con-la-mindfulness/

Se vuoi maggiori informazioni sui miei percorsi di mindfulness in presenza a Milano e online, qui trovi tutte le informazioni:

https://www.parlarealmicrofono.it/corso-mindfulness-lezioni-individuali-milano/

 

 

Psicologia del Public Speaking: facciamo chiarezza

Quando si parla di Public Speaking, spesso si fa molta confusione con la terminologia psicologica.

D’altra parte è inevitabile: diversi formatori su questa materia non hanno mai affrontato corsi di psicologia generale e clinica durante la loro formazione universitaria.

Talvolta, quando viene presentato un corso di Public Speaking, si tende a minimizzare questo aspetto. E lo possiamo notare quando leggiamo sul web frasi del tipo “questo corso non affronta temi psicologici del passato come si fa dallo psicologo, ma ci si concentra solo sul presente”.

In questa maniera si confonde e si generalizza il concetto di psicologia con gli stereotipi che spesso vediamo rappresentati nei film in cui sono presenti professionisti della psicologia, e si tende a minimizzare l’unicità delle persone e la loro storia personale.

Lo psicologo, è bene specificarlo, ha competenze specifiche in fatto di didattica e formazione, ed è pertanto un professionista abilitato che possiede gli strumenti specifici per occuparsi di corsi di comunicazione, e delle aree di miglioramento comunicative di ciascuno.

Tra le professioni psicologiche, esiste inoltre quella del dottore in tecniche psicologiche (è il mio caso), che tra le sue competenze ha espressamente quella di:

Realizzare progetti formativi per la promozione dello sviluppo delle potenzialità di crescita individuale e di integrazione sociale, e la facilitazione dei processi di comunicazione, e il miglioramento della gestione dello stress e la qualità della vita.

(Fonte: Legge 170/2003).

Il lavoro dei professionisti della psicologia nel campo della formazione è quindi espressamente diretto a promuovere il miglioramento del benessere della persona e della comunicazione.

È inoltre importante distinguere la psicologia dalla PNL (Programmazione Neurolinguistica), distinzione di cui ho parlato in modo più ampio in questo articolo.

Se questo paragrafo ti ha incuriosito, vuoi sapere nello specifico chi è e cosa fa un dottore in tecniche psicologiche iscritto all’Ordine degli Psicologi, qui trovi tutte le informazioni:

https://www.parlarealmicrofono.it/dottore-in-tecniche-psicologiche-chi-e-cosa-fa/19449/

 

Il ruolo dell’autostima quando dobbiamo parlare in pubblico. Migliorare l’autostima è possibile?

Le relazioni tra autostima e Public Speaking sono un argomento di crescente interesse in ambito psicologico. Le ricerche dimostrano che l’autostima, ovvero il grado di stima e valutazione positiva di sé stessi, ha un impatto significativo sulla nostra capacità di parlare in pubblico con sicurezza ed efficacia.

Gli psicologi Abraham Maslow e Carl Rogers hanno sottolineato l’importanza dell’autostima nel processo di autorealizzazione e nella crescita personale. La teoria dell’autostima di Maslow, parte della sua famosa piramide dei bisogni, suggerisce che una sana autostima è essenziale. Sia per la realizzazione del potenziale umano, che per il successo in diverse aree della vita. Tra queste, inevitabilmente, possiamo inserire anche la comunicazione interpersonale, e quindi il Public Speaking. Allo stesso modo, la teoria della personalità di Rogers sottolinea l’importanza dell’accettazione di sé e del rispetto di sé come fattori fondamentali per lo sviluppo dell’autostima.

Un concetto strettamente legato all’autostima è il senso di autoefficacia percepita, introdotto dallo psicologo Albert Bandura. L’autoefficacia è la convinzione di poter eseguire con successo una determinata attività o compito. Si tratta di un aspetto che è stato identificato come un fattore chiave nella determinazione del comportamento, della motivazione e del successo. Nel contesto del Public Speaking, una maggiore autoefficacia può portare a prestazioni più fluide, meno ansia e maggiore convinzione nelle proprie abilità.

La teoria dell’apprendimento sociale di Bandura suggerisce che l’autoefficacia può essere rafforzata attraverso l’osservazione di modelli efficaci. Così come attraverso la pratica e il feedback positivo. Il tutto, da non confondere con la tecnica del mirroring della PNL, Programmazione Neurolinguistica, dei cui limiti ho parlato in questo articolo.

In sintesi, sia l’autostima che l’autoefficacia possono risultare fattori molto importanti per il successo dei propri discorsi. Sebbene, come abbiamo già detto, il successo dipenda anche dalla disponibilità cooperativa del pubblico. Due costrutti, l’autostima e l’autoefficacia, che possono essere promossi attraverso corsi di formazione, percorsi di coaching, di counseling, e pratiche come la mindfulness e il training autogeno, oltre ovviamente a percorsi psicologici e psicoterapeutici.

 


Estroversione, timidezza e capacità di parlare in pubblico

L’estroversione è un tratto di personalità ampiamente studiato nel campo della psicologia. Si riferisce alla tendenza di una persona ad essere socievole, attiva e a godere dell’interazione con gli altri. Le persone con alti punteggi di estroversione tendono ad essere energiche, entusiaste e a cercare esperienze nuove e stimolanti.

Il BFQ-2 (Big Five Questionnaire-2) è uno strumento di valutazione della personalità basato sulla teoria dei Big Five. Si tratta di un modello che identifica cinque dimensioni fondamentali della personalità: estroversione, gradevolezza, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale. Questo test psicologico misura il grado in cui una persona esibisce ciascuno di questi tratti. E può fornire informazioni preziose sul comportamento, le preferenze e le tendenze di una persona.

Tuttavia, la capacità di parlare in pubblico non è necessariamente legata all’estroversione. Anche se le persone estroverse possono avere maggiore facilità nel parlare in pubblico (Fonte: MacIntyre, P. D., & Thivierge, K. A. (1995). The effects of speaker personality on anticipated reactions to public speaking) , ci sono comunque molte persone con caratteristiche più spiccate di introversione che sono oratori eccezionali. Questo perché l’abilità di parlare in pubblico è una competenza che può avere motivazioni intrinseche molto forti. E che può essere sviluppata e perfezionata attraverso lo studio, il self empowerment, la pratica e l’esperienza.

Le persone che manifestano punteggi di introversione più alti possono effettivamente avere una tendenza naturale a evitare le interazioni sociali e a preferire attività solitarie. Ma ciò non significa che non possano essere oratori efficaci. Infatti, molte persone introverse sono in grado di compensare la loro naturale tendenza all’introversione sviluppando competenze di comunicazione. Preparandosi a fondo per i discorsi e trovando modi per gestire l’ansia di parlare in pubblico e la paura del palcoscenico.

Uno degli aspetti chiave del successo nel parlare in pubblico, infatti, è la preparazione. Le persone con punteggi di introversione più spiccati, spesso traggono vantaggio dalla loro capacità di riflessione e analisi. Il che può tradursi in una presentazione ben strutturata e dettagliata. Inoltre, la pratica e la familiarità con l’argomento possono aiutare a ridurre l’ansia e a costruire la fiducia, indipendentemente dal livello di estroversione.

In sintesi, mentre l’estroversione può essere un tratto utile per gli oratori pubblici, non è l’unico fattore che determina l’abilità nel parlare in pubblico.

 

Timidezza e capacità di parlare in pubblico: i casi di Barack Obama e Bill Gates

Ci sono molti oratori che possono apparire introversi ma sono estremamente capaci di parlare in pubblico. Alcuni esempi includono:

1. Barack Obama. Anche se è noto per essere un oratore carismatico, Obama ha ammesso di essere introspettivo e riflessivo, caratteristiche tipiche degli introversi.
2. Susan Cain. Autrice del libro “Quiet: The Power of Introverts in a World That Can’t Stop Talking” e nota oratrice. Susan Cain ha imparato a esprimere le sue idee con eloquenza e autenticità nonostante le caratteristiche di introversione raccontate nel suo libro.
3. Bill Gates. Il co-fondatore di Microsoft, nonostante la sua nota riservatezza, è un oratore molto efficace, in grado di presentare argomenti complessi in modo chiaro e convincente.
4. J.K. Rowling. L’autrice della serie di Harry Potter, nota per essere riservata, ha tenuto discorsi commoventi e ispiratori, come il suo famoso discorso di laurea ad Harvard.
5. Warren Buffett. Anche se noto per la sua timidezza e riservatezza, Buffett è un oratore molto influente, specialmente quando si tratta di questioni finanziarie e di investimento.

Questi esempi mostrano che l’introversione non impedisce necessariamente di essere un oratore efficace. Con la pratica, la preparazione e la fiducia in sé stessi, anche le persone con caratteristiche di timidezza e riservatezza possono diventare oratori brillanti.

Questo accade perché questi i cinque parametri individuati dal test BFQ-2 (tra cui l’estroversione) non sono monolitici o statici. Perché la personalità di un individuo può variare in base a fattori come l’ambiente, le esperienze di vita e la maturazione personale. Inoltre, una singola caratteristica come l’introversione non impedisce necessariamente un comportamento opposto, come parlare in pubblico.

Un individuo con caratteristiche apparenti di introversione potrebbe aver sviluppato abilità comunicative efficaci o aver acquisito fiducia attraverso la pratica e l’esperienza. Inoltre, le caratteristiche della personalità possono evolvere nel tempo a causa di fattori come lo sviluppo personale, l’adattamento a nuove situazioni, e le esperienze di vita significative.

Infine, le persone sono complesse e multidimensionali, il che significa che possono mostrare tratti diversi in situazioni diverse. Pertanto, mentre il BFQ-2 può fornire una panoramica generale della personalità di un individuo, è importante ricordare che i tratti della personalità possono variare. E che una singola etichetta non può definire completamente una persona.

 

La differenza tra paura, ansia e panico di parlare in pubblico

Stabilita l’importanza e il ruolo dei professionisti della psicologia nell’ambito della formazione in materia di comunicazione, cerchiamo adesso di chiarire brevemente la differenza fra tre concetti tra loro differenti, che spesso vengono confusi tra loro: la paura, l’ansia e il panico.

La paura, come abbiamo già visto sopra, è un’emozione. Peraltro è una delle cosiddette emozioni primarie, secondo la definizione di Ekman-Friesen, assieme a gioia, tristezza, rabbia, disgusto e sorpresa. La paura emerge quando ci sentiamo poco protetti oppure in pericolo.

Come tutte le emozioni, è intimamente connessa a pensieri e a sensazioni fisiche che possono amplificarla, in un circolo vizioso che può alimentare la nostra condizione di stress.

L’ansia, rispetto alla paura, ha una componente anticipatoria più marcata. Quando avvertiamo ansia viviamo un’attivazione neurofisiologica non soltanto mentre il pericolo è percepito. Ma anche indipendentemente dall’evento, anche molto prima o dopo l’evento. L’ansia può inoltre diventare cronica, e farci sentire costantemente in pericolo.

Paura e ansia sono strettamente connesse al nostro percepito di stress e, per quanto impegnative da sostenere, di solito riescono comunque a mantenerci connessi con la situazione che stiamo vivendo (salvo quando scegliamo l’evitamento, ad esempio quando rinunciamo a fare una presentazione per paura che vada male).

Il panico è invece un’esperienza così opprimente da farci disconnettere con il mondo circostante. Nell’esperienza di panico la percezione di perdita del controllo è molto elevata, ed è fondamentale rivolgersi a uno psicologo oppure a uno psicologo psicoterapeuta.

 

 

Per concludere: nel Public Speaking non esistono formule magiche. Perché ciascuno di noi è diverso

Ascoltare e ascoltarci: questa la sintesi che mi sento di offrirti in questa pagina. I temi del Public Speaking sono articolati, e non si possono liquidare con qualche frasetta motivazionale. Questo, semplicemente perché ognuno di noi è diverso dall’altro, e merita di sentire la propria esigenza ascoltata.

 

Questo è il motivo per cui i miei percorsi formativi sono individuali o aziendali. Mi piace ascoltare le esigenze delle singole persone e delle singole aziende. Mi piace cercare di capire come un corso possa dare loro una mano ad affrontare con più efficacia e (possibilmente) con meno stress l’esperienza di Public Speaking.

Insegnare a parlare in pubblico, dal mio punto di vista, è un lavoro artigianale, che va realizzato su misura. Perché faccio questo lavoro? Perché per me è importante che le persone si sentano ascoltate.

Se vuoi parlarne con me, per la tua professione o per la tua azienda, resto a disposizione.



Dott. Patrick Facciolo | Per informazioni

E-mail: info@parlarealmicrofono.it



Copyright © Patrick Facciolo. Riservato ogni diritto e utilizzo. Monitoriamo costantemente la rete: il nostro team di legali interviene ogniqualvolta venga a conoscenza di copie e utilizzi non autorizzati dei contenuti.