Il mio blog: le tecniche per parlare in pubblico

Parlare in pubblico con la mascherina: come cambia il linguaggio non verbale

Parlare in pubblico con la mascherina: come cambia il linguaggio non verbale

In questi giorni, e probabilmente ancora di più nelle prossime settimane e mesi, sarà sempre più indicato e necessario l’utilizzo delle mascherine nella vita quotidiana e in molti contesti aziendali e professionali.

Come cambieranno la nostra espressività e la nostra efficacia comunicativa nel momento in cui dovremo fare un discorso in pubblico per la nostra azienda, sul lavoro, in un contesto ampio, e indosseremo una mascherina? Come cambierà la nostra capacità di esprimere le emozioni, se una parte del nostro viso sarà coperta? E come cambierà la resa della nostra voce al microfono?

Come cambia la voce quando parliamo con la mascherina

Cominciamo con gli aspetti paraverbali, quelli cioè che riguardano la voce: qual è l’impatto acustico dell’utilizzo della mascherina? Come si sentirà la nostra voce “filtrata” da questo dispositivo di protezione individuale? E quale sarà la resa al microfono?

Nel video che trovi qui sopra ho fatto alcune prove pratiche, con diversi tipi di microfono che si usano solitamente nel Public Speaking: con un microfono ad archetto, con un microfono lavalier (di quelli che si attaccano alla giacca), e con un microfono tradizionale, anche detto “gelato”.

Ho letto lo stesso testo, in modo che poteste cogliere la differenza acustica tra le tre differenti modalità, e ho concluso che le differenze acustiche ci sono, ma non sono così impattanti da condizionare la comprensione delle parole che vengono dette.

Certo, la mascherina impedisce la decodifica del labiale di chi parla (non vediamo cioè il movimento delle labbra, e questo ci aiuta meno a capire che parole sta dicendo chi sta parlando), tuttavia nonostante la mascherina si riescono a distinguere nitidamente tutte le parole di chi parla.

Come cambia il linguaggio non verbale: mascherina e microespressioni facciali

Passiamo adesso al linguaggio non verbale, e cominciamo col dire che la mascherina copre delle parti ampie del nostro viso, in particolare la bocca, le guance, gli zigomi, il mento, e la mascella, tutte parti che sono ovviamente implicate nell’espressione delle nostre emozioni.

Secondo Paul Ekman, uno psicologo statunitense famosissimo, che nel corso della sua carriera si è dedicato a studiare il rapporto tra microespressioni facciali ed emozioni, la bocca ha un ruolo molto importante nella manifestazione dell’emozione della sorpresa, in cui la bocca solitamente è aperta, la tristezza in cui la possiamo vedere incurvata verso il basso, il disprezzo, che è quello che manifestiamo talvolta con un mezzo sorriso.

È importante però ricordare che coprendo una parte del viso non interferiamo completamente con la manifestazione di una particolare emozione, perché quando esprimiamo delle emozioni non sono coinvolte soltanto le parti del volto che vi ho indicato, ma anche altre che invece restano visibili al nostro pubblico.

Il ruolo dello sguardo nell’espressione delle emozioni

Facciamo un esempio: l’emozione della paura, secondo i teorici delle microespressioni facciali, viene veicolata anche da altre parti del volto, per esempio gli occhi.

Se la mascherina come abbiamo visto copre molte parti del volto, quella degli occhi resta invece visibile e probabilmente riuscirà a veicolare più informazioni. Gli occhi e lo sguardo sono sempre stati al centro di tante pubblicazioni relative alla comunicazione efficace. Il contatto visivo nel Public Speaking è sempre stato fondamentale, e da adesso in poi probabilmente lo sarà ancora di più.

Vediamo allora quali sono le principali emozioni veicolate attraverso gli occhi, e cominciamo proprio dalla paura. Bene, la paura solitamente si manifesta con gli occhi spalancati e le sopracciglia tese, così come l’allegria, che si può manifestare con gli occhi leggermente socchiusi e con le rughe di espressione ai lati, poi c’è la sopresa, con le sopracciglia sollevate e gli occhi aperti adeguatamente.

Potremmo continuare a lungo, ma credo che questi indicatori ci bastino per fare una riflessione, che poi è lo scopo di questo video: è probabile che da adesso in poi porteremo più attenzione allo sguardo delle persone, e alla manifestazione delle emozioni più legate alle microespressioni facciali che riguardano questa parte del volto.

Come cambierà la nostra capacità di esprimere le emozioni attraverso il viso?

È anche vero però che l’essere umano è dotato di grandi capacità di adattamento, così come ne è dotato in particolare il cervello, che come sappiamo è plastico, e si modfiica in base alle esperienze. Quindi non mi stupirei se di fronte a un utilizzo sempre più intensivo della mascherina da parte delle persone, nel tempo, migliorassimo la nostra capacità di esprimere le nostre emozioni attraverso lo sguardo, una capacità che fino a oggi avevamo mediato grazie alla disponibilità di tutta l’espressività facciale. Allo stesso tempo non mi stupirei se migliorassimo la nostra capacità di decodificare le emozioni dell’altro guardandolo negli occhi e avendo a disposizione meno informazioni rispetto a prima.

Insomma, è un po’ come se ci trovassimo di fronte alla necessità di rimappare il modo in cui esprimiamo e decodifichiamo le emozioni. Il punto è capire che stiamo indossando la mascherina, e che il nostro pubblico potrebbe far fatica a riconoscere un sorriso di cortesia (per esempio quando facciamo un sorriso cosiddetto di cortesia tendiamo a sollevare le guance, e con la mascherina rischiamo che questa espressione non sia visibile al pubblico), o altri indicatori non verbali più “sociali”, diciamo così, che noi magari volevamo dare intenzionalmente, ma le cui microespressioni sono coperte dalla mascherina. Questo è un tema su cui solo con il tempo riusciremo a darci una risposta.

Facciamo attenzione alle “sovrainterpretazioni” delle microespressioni facciali

Ci tengo a sottolineare che il tema delle microespressioni facciali è un tema su cui è ancora aperto il dibattito in ambito psicologico, e anch’io su questo tema ho la mia posizione ovviamente. Un invito importante che voglio farvi, dopo aver visto questo video è a non ricadere, quando si parla di microespressioni facciali, nella tentazione di sovrainterpretare cosa sta provando l’altro. E credo che questo sia un tema essenziale per ricordarci sempre l’importanza di saper distinguere tra osservazione e interpretazione della realtà.

Questa puntata non è dedicata a come interpretare le microespressioni facciali dell’altro, a come il pubblico le decodifica, ma è dedicata al comunicatore, cioè a come il comunicatore, a causa della mascherina, potrebbe essere inibito nella sua manifestazione delle emozioni. Non mi interessa quindi cosa possiamo interpretare dalla faccia dell’altro, ma mi interessa cosa possiamo o non possiamo comunicare con la nostra. In fondo, come vi dico da anni, comunicare significa mettere in comune.

Un’ultima riflessione…

Prima di concludere, ci tengo a tenere in considerazione un ultimo aspetto: cosa ci provoca, cosa ci evoca osservare una persona che già conoscevamo, indossare una mascherina? Quindi la riflessione questa volta è: quali emozioni evocheremo nell’altro indossando una mascherina? Cosa pensiamo quando vediamo qualcuno che conosciamo, magari un personaggio pubblico, indossarla?

Sono temi e domande che probabilmente nel tempo, e con l’abitudine, supereremo. Tuttavia si tratta di riflessioni che meritano uno spazio, e che credo abbiano bisogno di un tempo per maturare e sedimentare.

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Dott. Patrick Facciolo

Mi occupo di Public Speaking perché per me è importante che le persone si sentano ascoltate. Realizzo corsi individuali, aziendali e di gruppo, in presenza in tutta Italia e online attraverso Zoom. Diplomato al liceo classico, laureato in Scienze e tecniche psicologiche, in Filosofia e in Scienze politiche, master universitario di primo livello in Counseling relazionale nei contesti scolastici, educativi e socio-sanitari, sono iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia in qualità di Dottore in tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro. Da oltre quindici anni sono iscritto all’Ordine dei Giornalisti. Non amo la definizione di esperto di comunicazione e di esperto di Public Speaking, perché è una conquista da dimostrare sul campo, con le proprie competenze. Apprezzo che mi venga detto, non lo sentirete dire da me. In questi anni ho pubblicato 9 libri, i più importanti dei quali sono “Crea immagini con le parole” (2013), “Parlare in pubblico con la mindfulness” (2019), e "Contro le metafore" (2022), disponibili su Amazon.
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