Il discorso di Joe Biden alla convention democratica: analisi del linguaggio verbale e non verbale
Poche ore fa si è concluso il discorso del candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti d’America Joe Biden, durante la convention del partito democratico a Milwaukee.
Il linguaggio verbale: le parole che ha usato Biden
Cominciamo dall’analisi del linguaggio verbale, dalle parole che ha usato: quello di Joe Biden è stato un discorso che potremmo definire come “sulle montagne russe”, un continuo alternarsi di immagini negative e poi positive.
Ha alternato le parole “darkness” (oscurità), la formula “no miracle is coming” (non sta arrivando nessun miracolo),“I’m not looking to punish anyone” (non sto cercando di punire nessuno), a delle immagini positive “decency” (decenza), “compassion” (compassione), “I’ll protect America” (proteggerò l’america), “find the light once more” (trovare ancora una volta la luce).
Perché sottolineo l’alternanza tra queste immagini negative e positive? Perchè in comunicazione politica le immagini negative, come ci ricorda da tempo anche lo scrittore George Lakoff, rischiano di evocare nella mente dell’ascoltatore lo scenario opposto all’intenzione comunicativa del candidato.
Non a caso molti titoli di giornale in queste ore si concentrano già sulla parola “darkness”, oscurità, tenebre. Esattamente l’opposto di quella che Biden ha cercato di veicolare con le immagini postivie contenute all’interno del discorso.
Il linguaggio paraverbale: l’uso della voce
Dal punto di vista della voce trovo apprezzabile la capacità di modulare significativamente tono e volume: Biden passa da toni gravi a toni acuti con una buona disinvoltura, e la sua voce permane molto presente anche nei passaggi più acuti.
Inoltre usa un inglese ben articolato, che gli permette di essere compreso da tutti gli americani, e data la vastità del territorio, e la varietà degli accenti degli Stati Uniti, è un aspetto da non sottovalutare
Il linguaggio non verbale: gesti ed espressività facciale
In un passaggio del discorso è possibile intravedere il tipico avvicinamento delle sopracciglia caratteristico talvolta dell’espressione della rabbia, che se da una parte potrebbe essere giustificato (perché comunque può rappresentare una predisposizione al “combattimento” da qui alle elezioni), dall’altra parte, se così fosse, potrebbe risultare meno coerente con le parole che Biden sceglie di usare proprio in quel passaggio.
Dice Joe Biden: “Hope is more powerful than fear” la speranza è più potente della paura, “Light is more powerful than dark“, la luce è più potente dell’oscurità, “The end of this chapter of American darkness began here tonight” (la fine di questo capitolo di oscurità per l’america è cominciato qui, stasera).
Ecco, come potete notare sono parole di speranza, di apertura, eppure sono accompagnate da un’espressività non verbale che a tratti, come vi dicevo, mi sembra esprimere più rabbia che fiducia nel futuro.
E questa impressione è tanto più forte quando Joe Biden sceglie anche di battere la mano sul podio, a rafforzare un’emozione che mi appare molto ben determinata.
Ricordiamoci che la rabbia è un’emozione strettamente correlata con la paura, un’emozione che viene utilizzata abitualmente per fronteggiare un pericolo, e in questo senso, se si tratta effettivamente di rabbia, non la trovo ben correlata con le parole che invece Joe Biden sceglie di usare in questo specifico passaggio, che mi sembra invece vogliano evocare un momento di speranza per il futuro.
La mia valutazione conclusiva
Nel complesso, l’ho trovato un discorso con discreti elementi di forza sul piano paraverbale (voce) e parzialmente anche dal punto di vista non verbale (la gestualità, la scelta nella posizione delle braccia e delle mani mi hanno colpito positivamente).
L’ho trovato meno effiace sul piano dei contenuti: l’organizzazione del discorso l’ho trovata a tratti imprecisa, troppo altalenante nelle immagini che sono state proposte, un po’ troppo metaforica, quasi eccessiva nell’uso dell’immagine “luce e buio”, “luminosità e oscurità”, che da una parte è sì facilmente comprensibile, dall’altra forse un po’ poco creativa e un po’ inflazionata nel public speaking in genere.
Il mio voto complessivo per questo discorso è 7: si poteva fare di più (anche se mi aspettavo di meno, date alcune premesse che avevo dedotto guardando altri discorsi di Joe Biden del passato).
Alle elezioni di novembre manca ancora molto, ma direi che la convention americana di questa settimana ci ha confermato che la sfida, anche retorica, tra Joe Biden e Donald Trump è davvero ancora molto, molto aperta.
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