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Omar Calabrese, la semiotica e le parole che ancora ci confondono

Omar Calabrese, la semiotica e le parole che ancora ci confondono

In questi giorni abbiamo dovuto dire addio a Omar Calabrese, uno dei più importanti studiosi di semiotica in Italia e nel mondo. Allievo e poi assistente di Umberto Eco al DAMS,  docente all’Università di Siena, padre fondatore dell’Ulivo, nonché accademico e docente in università internazionali, Calabrese si era occupato di ricerca sul linguaggio dell’arte e della comunicazione televisiva.

Autore di saggi profondi su quella che ha definito età neobarocca, sul linguaggio dell’arte e della pittura, la sua scomparsa lascia un vuoto nello studio della semiotica e dei mass media.

Chi era Omar Calabrese

Aveva 63 anni, era nato a Firenze e come molti grandi rappresentanti della cultura, era un uomo dotato di una enorme curiosità scientifica che lo portava ad interessarsi e appassionarsi di arte, musica, lingua, comunicazione.  La sua ecletticità lo ha portato persino a far parte nel 2001 della giuria dei garanti del Festival di Sanremo.

A lui si deve, come critico televisivo, l’aver intuito l’importanza della comunicazione pubblicitaria e lo studio del linguaggio dei telegiornali argomento sul quale aveva pubblicato due saggi (Come si vede il telegiornale, 1980 e Il telegiornale: istruzioni per l’uso, 1996).  Autore di programmi per Rai e Mediaset, Calabrese era un semiologo dei testi visivi, artistici in particolare, il cui obiettivo era rendere familiare anche ai non esperti la lettura delle opere d’arte e divulgare contemporaneamente la disciplina da lui insegnata.

La sua scienza: la semiotica

Il termine “semiotica” deriva dal greco sēmeîon “segno” e identifica quella branca delle scienze umane che si occupa dello studio dei segni che servono per la comunicazione. Lo strumento principale della comunicazione umana è il linguaggio parlato, studiato appunto dalla linguistica, ma gli esseri umani comunicano anche con altri canali, la scrittura, i movimenti del corpo, le immagini, la musica, gli odori: tutto insomma nel mondo ha un significato, un senso.

La semiotica si occupa in primo luogo di tutto ciò che l’uomo usa per comunicare. Per questo motivo è una scienza affine alla linguistica, all’antropologia, alla filosofia e alla psicologia, studia ogni fenomeno come segno e valuta i significati che esso può assumere per una comunità di interpreti.

Escort e Casta: due delle dieci parole “che hanno confuso l’Italia”

Ci piace ricordare Omar Calabrese riportando qui due delle dieci parole che un paio di anni fa aveva analizzato nel saggio breve “Dieci parole che hanno confuso l’Italia(2010), parole il cui significato originario è mutato e che dimostrano come il linguaggio si sia trasformato negli ultimi vent’anni, facendo perdere il senso originario dei termini e rendendoli, soprattutto in ambito politico, “adesione immediata alle persone e non più alle idee”.

Delle dieci parole abbiamo scelto “escort” e “casta”. “Escort” non esiste in italiano e in inglese significa “scorta (armata)” oppure “accompagnatore di persone durante viaggi o visite”. Il primo riferimento della parola escort come “prostituta” si ritrova nel 1987 su una rivista che riporta il sintagma escort service con il significato di “servizi di dame di compagnia per soli uomini”.

Negli ultimi anni, la scelta della parola escort permette di mantenere l’idea della prostituzione contenuta in essa, suggerendo tuttavia anche l’idea dell’ “alto bordo”. “Escort, insomma,” sostiene Calabrese “nasconde un’ideologia di classe, che rende politicamente più efficace l’uso del termine”.

L’altra parola, “casta“, che nasce per indicare un gruppo sociale chiuso e con determinati diritti, assume un diverso valore semantico nel 2007, dopo l’uscita e il grande successo del libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo.

Il termine si diffonde in particolare nel linguaggio politico definendo i partiti come caste di professionisti caratterizzati da sprechi, scandali e privilegi. “Una ‘casta’, insomma, è sostanzialmente un gruppo di potere orientato al rastrellamento del denaro attraverso la politica, e l’uso del termine accresce la denigrazione verso i suoi presunti appartenenti.”

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