Referendum del MIUR, i primi risultati: gli italiani difendono il valore legale della laurea
Alcuni giorni fa ci siamo occupati del significato che riveste nel sistema educativo italiano il concetto di valore legale del titolo di studio. In quell’occasione, abbiamo avuto modo di capire cosa cambierebbe nel caso in cui venisse abolito e quali sono le tesi a favore e quelle invece contrarie a una riforma di questo tipo. Si era poi accennato anche alla consultazione online promossa dal Ministero dell’Istruzione: oggi vediamo quali sono i primi risultati che emergono da questo sondaggio.
I votanti si schierano con il valore legale
Secondo i dati diffusi dal Ministero, sono oltre 20.000 gli italiani che si sono registrati e hanno compilato il questionario in 15 domande proposto online. Dai dati finora raccolti, risulta che la stragrande maggioranza dei votanti – oltre 15.000 persone – si è espressa a favore del mantenimento del valore legale del titolo di studio: alla domanda “come giudicate la necessità di possedere uno specifico titolo di studio per poter esercitare una determinata professione?”, il 73,19% dei votanti ha infatti risposto “positivamente, perché garantisce la qualità della prestazione resa dal professionista, che il cliente potrebbe non essere in grado di verificare da solo”. Fra i votanti, sono poi ben 11.000 quelli che ritengono giusto permettere l’accesso al pubblico impiego solo a chi detiene un determinato titolo di studio.
La ripartizione geografica del voto
La consultazione promossa dal ministro dell’Istruzione Francesco Profumo si è chiusa il 24 aprile, e sarà quindi necessario attendere ancora qualche giorno per avere i dati completi e la suddivisione per genere e titolo di studio dei votanti: una statistica che senz’altro fornirà nuovi spunti di discussione. Per il momento, quello che sappiamo è che, a livello di distribuzione geografica, i votanti delle regioni del Sud si schierano in maniera nettissima a favore del mantenimento del valore legale del titolo di studio – spiccano i risultati di Calabria e Sicilia, dove i “conservatori” sono rispettivamente l’80,22% e il 79,24% – mentre al Nord, benché la maggioranza assoluta resti a favore del valore legale, la forbice si restringe al massimo in Trentino Alto-Adige (62,56%) e Lombardia (62,99%). In queste regioni, in particolare, si sente in maniera più netta l’esigenza di valutare caso per caso e in base alle diverse professioni, ritenendo inopportuna un’abolizione totale.
Le polemiche sulla consultazione
Di fronte a questi risultati, sembrano poter essere superate anche le polemiche che si sono determinate negli scorsi giorni sul formato del test che, secondo alcune associazioni, sarebbe stato redatto in maniera tale da invogliare i votanti a sostenere l’abolizione del valore legale del titolo di studio.
Il commento di Tullio De Mauro
Il linguista Tullio De Mauro, di cui abbiamo recensito tempo fa uno dei suoi libri più significativi, la Guida all’uso delle parole, si è espresso con sarcasmo riguardo la tendenza “conservatrice” che il voto sembra aver delineato, definendo l’università italiana un “malato terminale” al quale il ministro Profumo vorrebbe “staccare la spina”, contro però il parere della maggioranza dei cittadini. De Mauro tuttavia contesta anche l’idea che si possa attuare una riforma come quella che si avrebbe abolendo il valore legale con un colpo di spugna, ritenendo piuttosto necessario analizzare le varie aree che sarebbero interessate dal cambiamento, che risultano spesso regolamentate in maniera diversa le une dalle altre.
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