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Perché “mandami le slide prima dell’evento” è un concetto sbagliato

Perché “mandami le slide prima dell’evento” è un concetto sbagliato

Certe volte quando dobbiamo fare un intervento in pubblico ci viene richiesto di mandare in anticipo le slide agli organizzatori.

Premesso che in alcuni casi è indispensabile per ragioni logistiche, tecniche e organizzative, in molti altri casi prima di partire in quarta con questa abitudine potremmo fare qualche riflessione.

Se infatti è vero che è importante prepararsi, preparare dei contenuti e delle slide efficaci e ben organizzate, allo stesso tempo torno a ribadire che la relazione col nostro pubblico nasce nel “qui e ora” quando stiamo davvero parlando in pubblico.

Non possiamo cioè prevedere tutto quello che succederà, come reagirà il nostro pubblico, e come ci relazioneremo con le persone che ci ascolteranno.

Per questa stessa ragione non possiamo sapere già da prima, alla perfezione, quante e quali slide proietteremo: potrebbe capitarci di dover aprire un’altra presentazione per fare un approfondimento che non avevamo previsto, potrebbe capitarci una domanda che ci fa saltare da una slide all’altra della presentazione, potremmo averne preparare più del previsto e mostrarne la metà, e così via.

Ancora una volta, il Public Speaking, l’atto di parlare in pubblico, si realizza nel momento presente, la relazione con il nostro pubblico si crea nel momento presente, e perché no, anche la scelta delle slide da mostrare può essere legittimamente condizionata da quello che succede “qui e ora”.

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Rompere il ghiaccio con il pubblico: il mito dell’ice-breaking

Rompere il ghiaccio con il pubblico: il mito dell’ice-breaking

Ma è proprio vero che quando cominciamo un discorso dobbiamo per forza “rompere il ghiaccio” con una frase dirompente?

Il momento iniziale di un discorso, spesso, è uno dei più stressanti per il relatore. E cominciare per forza con un elemento di “rottura”, che catturi subito l’attenzione del pubblico, può non essere un’esperienza semplice.

In questa puntata difendo nuovamente il diritto del relatore di svolgere una perfomance “media”. Ovvero di fare sul palco le cose che si sente (e non che gli hanno “detto di fare” su qualche libro).

Ché poi, restando nella metafora dell’ice-breaking, è bene ricordarci che il ghiaccio con il pubblico non va per forza rotto. Ma possiamo anche lasciarlo sciogliere naturalmente, nel corso dei minuti.

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Parlare davanti alla telecamera è come parlare in pubblico?

Parlare davanti alla telecamera è come parlare in pubblico?

Quando parliamo in pubblico creiamo una relazione con chi ci sta davanti fatta di sguardi, di gesti, di voce, di parole, e veniamo ricambiati a nostra volta: relatore e pubblico si influenzano a vicenda.

Usando il linguaggio della psicologia sistemica, potremmo dire che la relazione tra chi parla e chi ascolta viene co-creata reciprocamente, attraverso una miriade di indicatori. Ad esempio: io dico una cosa al microfono, tu annuisci, io ti sorrido.

Quando ci troviamo davanti all’obiettivo di una telecamera, tutto questo improvvisamente scompare: di fronte a noi c’è una lente, e dietro quella lente, potenzialmente, l’ignoto.

Non sappiamo da chi verrà visto quel video, non sappiamo quante visualizzazioni farà, non sappiamo se e quanto verrà condiviso: quello che in un contesto di Public Speaking era davanti ai nostri occhi, quando siamo davanti a una telecamera diventa solo ipotizzabile.

Siamo però certi di una cosa: a guardare quel video, prima o poi, ci sarà comunque un pubblico. E i nostri contenuti potranno essere strutturati tenendone conto.

Ne parlo in questo estratto dal mio speech di sabato scorso a DeegiTo – Turin Digital Festival.

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Parlare in pubblico: il diritto di fare un discorso “medio”

Parlare in pubblico: il diritto di fare un discorso “medio”

Siamo circondati da un’estetica del Public Speaking. Un’estetica che spesso ci racconta come i nostri discorsi debbano essere i migliori, risultare memorabili o indimenticabili, che debbano persuadere sempre e comunque il nostro pubblico.

In questa puntata voglio passarvi il messaggio opposto: vi racconto che le persone ci ascoltano anche se non “urliamo”, anche se non cerchiamo a tutti i costi di farci notare. Che i discorsi non devono essere belli per forza. Che abbiamo il diritto di fare un discorso “medio”, perché la finalità di un discorso non è la sua estetica, ma l’atto stesso di comunicare.

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