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Superare la zona di comfort: sfatiamo il mito

Superare la zona di comfort: sfatiamo il mito

La frase “Supera la tua zona di comfort” è ormai diventata un mantra. È una massima che secondo alcuni andrebbe rispettata sempre e comunque. Questo, per raggiungere standard prestazionali migliori.

Ma siamo proprio sicuri che sia sempre e comunque l’unica via per un benessere maggiore? E vale anche in comunicazione e nei contesti di Publlic Speaking?

In questa puntata racconto che superare le nostre zone di comfort a prescindere può significare aderire a una visione “capitalistica” del comfort stesso. Una visione per cui, non appena abbiamo raggiunto una situazione confortevole, c’è subito qualcun altro che ci invita a trascenderla, per conseguirne una migliore.

Ancora una volta, la parola chiave per ciascuno di noi è “consapevolezza”. Consapevolezza di “come mi sento”, e di cosa intenda fare per davvero. Non solo perché l’ho letto su un manuale, oppure perché me l’ha detto un video motivazionale trovato per caso su internet.

Ma perché abbiamo maturato una consapevolezza adeguata di noi stessi. E abbiamo deciso come comportarci in una determinata situazione.

 

© Patrick Facciolo – Tutti i diritti riservati, vietata la riproduzione.

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Come comunicano i politici. Uso della voce, metafore, negazioni e linguaggio del corpo

Come comunicano i politici. Uso della voce, metafore, negazioni e linguaggio del corpo

Questa mattina sono stato intervistato da Jacopo Scipione del Centro Studi Internazionali (CSI) per parlare di comunicazione politica.

Abbiamo discusso del ruolo dei social network nella politica contemporanea, della campagna elettorale americana tra Joe Biden e di Donald Trump. Così come abbiamo parlato della comunicazione politica italiana, da Mario Draghi a Giuseppe Conte (chi comunica meglio tra i due?).

E poi ancora ho parlato delle tecniche di comunicazione politica di Matteo Renzi, Romano Prodi e Silvio Berlusconi.

Metafore, linguaggio del corpo, negazioni uso della voce, registri linguistici. Sono solo alcuni dei temi di cui ho parlato all’interno di questa lunga intervista. 

 

Indice della puntata:

0:00 Chi è Patrick Facciolo

0:39 Che ruolo hanno i social nella comunicazione politica

2:57 Quanto è importante citare il pubblico

5:47 Chi comunica meglio tra Joe Biden e Donald Trump

11:47 Quanto conta il silenzio stampa per un politico

15:40 Il linguaggio di Giuseppe Conte, l’uso delle negazioni e la retorica di Cicerone

23:46 Il problema delle metafore in politica: Conte, Bersani, Prodi e Renzi

32:24 Come comunica Mario Draghi

36:41 Chi comunica meglio tra Draghi e Conte

41:28 Il discorso della “discesa in campo” e la comunicazione di Berlusconi

42:46 Le conferenze stampa di Mario Draghi

45:00 I loghi di partito italiani

50:45 Il problema del “restyling” del nome dei partiti

53:42 L’insegnamento di Steve Jobs

54:43 Comunicazione, populismo e leadership

 

Per quanti di voi fossero interessati alle tecniche di comunicazione politica e di Public Speaking, vi rimando inoltre alla playlist di video disponibile sul mio canale YouTube, con decine di video su questi temi.

 

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Dibattito Conte-Renzi in Senato: chi ha comunicato meglio?

Dibattito Conte-Renzi in Senato: chi ha comunicato meglio?

Da pochi minuti si è concluso il dibattito in senato sulla fiducia al Governo Conte Bis, con il confronto-scontro tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi.

Conte e Renzi hanno svolto i loro discorsi confermando le loro differenze di stile e di linguaggio: da una parte Conte con un lessico alto e frasi con numerose subordinate, dall’altra Renzi con l’uso di più tecniche di comunicazione, dalla cosiddetta “regola del tre” all’utilizzo della figura retorica dell’anafora.

In questo video analizzo la comunicazione verbale e non verbale di entrambi, esprimendo un mio voto conclusivo sulla performance di entrambi.

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Parlare in pubblico come se stessimo parlando agli alieni

Parlare in pubblico come se stessimo parlando agli alieni

Quando parliamo in pubblico dobbiamo pensare di parlare agli alieni.

No, non sono pazzo: se pensiamo di dover parlare a degli alieni, siamo costretti a farci capire.

Nel 1972 sulla sonda spaziale Pioneer 10 venne installata una placca (vedi immagine), nell’eventualità che prima o poi venisse intercettata dagli extraterrestri.

Vennero incise le sagome di un uomo e una donna, una mappa stellare, e la traiettoria della stessa sonda nel Sistema Solare, rappresentata con una freccia (che ho evidenziato in rosso nell’immagine).

Ebbene: come può una civiltà aliena capire il significato di una freccia, che è un manufatto dell’antichità di cui solo noi conosciamo il valore metaforico-simbolico?

Che possibilità c’è che degli ipotetici alieni possano cogliere che la punta rappresenta il suo senso di marcia, soltanto guardando un’immagine?

Nessuna, ovviamente.

Nonostante un grande lavoro, e tante persone impegnate nel proposito di “pensare come un alieno”, siamo insomma ricaduti in un sottinteso.

Di conseguenza: quando facciamo un discorso in pubblico, pensare di parlare agli alieni non ci salverà dai sottintesi.

Tuttavia ci farà fare uno sforzo nella direzione giusta: pensare che dall’altra parte nulla è per forza scontato, e che tutto va spiegato. Anche il significato di una freccia.

 

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