Comunicazione e psicologia: cosa ci insegna il Coronavirus

Il Coronavirus ci mette in gioco. Mette in gioco le nostre paure, le nostre preoccupazioni più profonde, quelle che abbiamo per noi e per le persone a cui vogliamo bene.

Se però facciamo bene attenzione, potremmo scoprire a sorpresa che questo particolare momento storico può darci la possibilità di conoscere meglio noi stessi.

Se prima di pubblicare qualcosa sui social, o di esprimere la nostra opinione in pubblico, riuscissimo a considerare quale emozione stiamo provando (paura, rabbia, tristezza, sorpresa, ecc.), potremmo avere una visione più chiara delle motivazioni per cui scriviamo quello che scriviamo.

“Ho paura, quindi scrivo che si tratta di un’epidemia e che siamo tutti a rischio”, “Sono arrabbiato perché domani mi è stato annullato un impegno di lavoro importante, e quindi scrivo che con le precauzioni si sta proprio esagerando”: ecco, questi forse sono i due estremi che ci permettono di capire quanto le emozioni abbiano un ruolo importante nel determinare i contenuti che scegliamo di condividere con gli altri.

È attraverso questo piccolo atto di consapevolezza che possiamo trasformare una reazione immediata (“pubblico sui social la prima cosa che mi viene in mente”), in una risposta, più ponderata e centrata (“ascolto cosa provo, considero le conseguenze del mio gesto, e poi in caso pubblico qualcosa”).

Ciascuno di noi ha una responsabilità pubblica quando comunica con le persone o scrive un post sui social, e il nostro contenuto può contribuire a impaurire e spaventare gli altri, così come incoraggiare a prendere le cose con troppa superficialità.

Credo che il tempo che ci dedichiamo per osservare le nostre emozioni sia un tempo sempre ben speso, un tempo prezioso, che ci aiuta ad avere le idee un po’ più più chiare sul perché talvolta aderiamo a questa o a quella posizione. E sul perché, certe volte,

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